
LA FERROVIA DELLA MORTE
Come descritto nel nostro precedente articolo sul Ponte sul Fiume Kwai, la sezione della Ferrovia Thai-Birmana, meglio conosciuta come Ferrovia della Morte, in uso ancora oggi va da Kanchanaburi al capolinea di Nam Tok, comprendendo i celebri Ponte sul Fiume Kwai e Wampo Viaduct. La ferrovia originale però proseguiva a nord oltre Nam Tok verso la Birmania (oggi Myanmar), attraverso uno stretto corridoio nella foresta che fu scavato dai Prigionieri della Seconda Guerra Mondiale e dai lavoratori del sud-est asiatico (chiamati romusha). Le loro condizioni di vita erano talmente dure che in migliaia persero la vita: si stima che oltre 90.000 romusha, soprattutto malesi e birmani, e fra 12.000 e 16.000 POW’s (Prisoners of War) fra cui australiani, inglesi, olandesi e americani morirono per costruirla tra il 1942 e il 1943, e per questo motivo la ferrovia fu presto associata alla morte.
L’HELLFIRE PASS (KONYU CUTTING)
Oggigiorno i binari sono stati rimossi poichè il trasporto su rotaia non è più necessario fino a qui, ma la memoria di quei tempi rimane indelebile. Ciò anche grazie al museo a cielo aperto Hellfire Pass Memorial, che consiste in un’esibizione e un sentiero di 4 km nella giungla, finanziato dall’ANZAC (Australian and New Zealand Army Corps) con lo scopo di preservare la memoria di coloro che vi persero la vita.
Non tutti giungono fin qui per visitare il memoriale dell’Hellfire Pass (originariamente chiamato Konyu Cutting dai giapponesi), la maggior parte dei turisti si ferma al Ponte sul Fiume Kwai arrivando in gita da Bangkok. Ciò nonostante, una visita al passo è indispensabile per capire il vero significato e la storia dietro alla Ferrovia della Morte, e noi la raccomandiamo assolutamente.

DA KANCHANABURI A NAM TOK
Ci sono diversi tour organizzati che portano i turisti in bus fino al museo. Ma se ci conosci da un po’ ormai dovresti sapere che preferiamo visitare i luoghi per conto nostro, ecco allora come abbiamo fatto!
Dopo aver preso il treno mattutino delle 5.55 da Kanchanaburi a Nam Tok (leggi qui tutto ciò che devi sapere sugli orari e su come acquistare i biglietti) ci ritroviamo in questa tranquilla e remota cittadina Thailandese. Ci sono un paio di tizi che aspettano i pochi turisti a bordo, pronti a offrire guide e passaggi. Dovendo raggiungere l’apparente lontanissima fermata del bus, accettiamo uno strappo che come previsto si rivela piuttosto breve. La fermata bus dista solo un chilometro e mezzo dalla stazione. Saliamo sull’autobus per appena 30 baht e in 45 minuti ci troviamo di fronte all’ingresso dell’Hellfire Pass Memorial Museum.

MUSEO E MEMORIALE “HELLFIRE PASS”
Siamo lietamente sorpresi di constatare che l’ingresso è gratuito (una donazione è ben accetta) nonostante tutto sembri tenuto benissimo, in perfetto ordine e in bella mostra. Lo staff ci dà anche delle cuffie auricolari, mentre ci introduce alla zona: dopo l’esibizione introduttiva si può scendere verso l sentiero dove correva la ferrovia. E’ sia possibile fare una breve passeggiata di circa un chilometro fino al memoriale e ritorno, che coprire l’intero percorso di 4 km avanti e indietro. Ovviamente noi scegliamo l’opzione più lunga! Nonostante l’ex strada ferrata sia oggi ben tenuta ed un sentiero battuto, passa letteralmente nel mezzo dell’umida e inospitale giungla.

Possiamo appena immaginare cosa significasse lavorare qui 70 anni fa, quando i Prigionieri di Guerra dovevano sostenere ritmi di lavoro forsennati in condizioni igieniche precarie, per non parlare del fatto che gli scavi erano fatti a mano senza l’aiuto di macchinari. La dinamite poteva essere usata in piccole dosi solo quando piccole buche nella roccia venivano scavate.
AI LAVORI FORZATI NELLA GIUNGLA…
Mentre ascoltiamo l’interessante spiegazione attraverso gli auricolari, impariamo di più su cosa accadde in quegli anni. I prigionieri e i romusha lavoravano senza sosta per creare varchi laddove le rocce calcaree erano troppo scoscese per oltrepassarle, tra cui il Konyu Cutting (poi ribattezzato Hellfire Pass dai POW’s per le condizioni di lavoro infernali e per il suo aspetto di notte una volta illuminato dalle torce), il passaggio più grande e più complesso da costruire. La perforazione delle rocce veniva fatta con picchetti e martello, mentre dove fiumi e torrenti ostacolavano la via venivano costruiti ponti a non finire. Ben 688 ponti furono costruiti lungo l’intera Ferrovia della Morte, di cui solo 8 in acciaio (come il Ponte sul Fiume Kwai) e tutti gli altri con il legno ottenuto dalle limitrofe foreste (su tutti il Wampo Viaduct, caratterizzato dalla tipica struttura in legno “a cavalletti”).

…IN CONDIZIONI ORRIBILI
L’esercito giapponese voleva che si agisse di fretta e furia affinché la ferrovia venisse completata il più presto possibile per garantire provviste, soldati e munizioni al fronte birmano, e decise perciò di arruolare i Prigionieri di Guerra oltre ai romusha. Gli Alleati bombardarono la ferrovia più volte, soprattutto i suoi ponti, che venivano però fatti ricostruire immediatamente sotto l’ordine ferreo degli ufficiali giapponesi.
Come se non bastasse, i campi in cui i prigionieri passavano la notte erano più simili ad ospedali che a dormitori. Malattie tropicali di ogni tipo colpivano i lavoratori, che inoltre pativano la fame e subivano i maltrattamenti da parte dei giapponesi. Tutto ciò portò alla morte di circa 1 uomo su 5 fra i POW’s, e si stima quasi 1 uomo su 2 fra i civili sud-est asiatici, meno preparati allo sforzo fisico, per un totale pauroso di oltre 100.000 morti, solo per costruire questa ferrovia.
Non è semplice descrivere a parole i sentimenti che abbiamo provato, ma vi assicuriamo che si tratta di un’esperienza davvero toccante. Bandiere inglesi e australiane, foto, fiori, sono lasciati ai margini del sentiero in memoria dei caduti, e un memoriale sorge al termine dell’Hellfire Pass, triste simbolo della Ferrovia della Morte.

UN’ESPERIENZA TOCCANTE
Proseguendo sul tratto successivo del sentiero, che è quasi deserto siccome i tour guidati finiscono alla sezione più corta, ci immergiamo nella fitta giungla, pervasi da un senso di solitudine e angoscia. Sotto il sole di mezzogiorno fatichiamo fra caldo e umidità, ma non ci possiamo di certo lamentare avendo le immagini dei prigionieri fisse in testa. Inoltre, sentiamo adesso che il minimo che possiamo fare nel nostro piccolo è completare l’intero percorso e ritorno. Camminiamo per alcuni tratti incredibili, profondi avvallamenti che venivano oltrepassati con i ponti di legno, ricostruiti dopo ogni bombardamento, e stretti tagli fra le rocce che venivano scavati a colpi di martello. Sembra impossibile pensare che una ferrovia potesse passare in un’area così inospitale. Diversi crateri di bombe affiorano ai lati. In alcuni punti si scorgono ancora le assi di legno su cui poggiavano le rotaie, insieme a chiodi ed attrezzi arrugginiti usati all’epoca.
Di ritorno al punto di partenza siamo esausti ma fieri di esseri giunti fin qui.

IL “COMPLESSO DEL SUD-EST ASIATICO”
Dobbiamo sicuramente ringraziare l’ANZAC per aver finanziato questo museo oltre al sito web molto informativi e gratuiti, senza i quali non avremmo avuto la possibilità di conoscere questo pezzo di storia del 20° secolo. Ciò nonostante siamo rimasti con una strana sensazione di ingiustizia verso i cosiddetti romusha, i lavoratori civili provenienti dal sud-est asiatico. Quasi nulla è stato fatto per preservarne il ricordo, seppur il loro numero di uomini, e conseguentemente di morti, sia stato quasi 10 volte più grande rispetto a quello dei Prigionieri di Guerra.
Purtroppo, da quando abbiamo iniziato a viaggiare nel sud-est asiatico nel 2016 e dopo aver vissuto in Vietnam per 2 anni, abbiamo capito che si tratta quasi di un’abitudine, lo stesso trattamento viene infatti riservato per esempio ai morti vietnamiti rispetto a quelli americani durante la Guerra del Vietnam.
Per concludere il nostro post, raccomandiamo fortemente la visita all’Hellfire Pass. Sebbene non sia un monumento spettacolare o un’attrazione di moda, spesso esperienze come questa sono molto più appaganti di un qualsiasi posto turistico. Non ci fraintendete, il Ponte sul Fiume Kwai è bello da vedere, ma la nostra visita alla Ferrovia della Morte non sarebbe stata la stessa senza aver provato e capito la dura verità che si cela dietro all’Hellfire Pass.
DOVE STARE A KANCHANABURI E DINTORNI:
Chez Bure Homestay, Kanchanaburi: il posto ideale in cui soggiornare a Kanchanaburi: stanze e arredamento moderni, colazione e snack disponibili tutto il giorno, e padroni gentilissimi, a partire da 1000 baht!
Natee The Riverfront Hotel Kanchanaburi: per una permanenza indimenticabile, dai un’occhiata a questo magnifico albergo di fronte al Fiume Kwai, con piscina esterna e bici gratuite per gli ospiti.
At Mind Executive Suites, Bangkok: il nostro posto preferito a Bangkok, con mini appartamenti, palestra e piscina sul tetto, posizionato vicino alla metro BTS.
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COME SPOSTARSI:
Bangkok-Kanchanaburi, in treno o trasporto privato, per il Ponte sul Fiume Kwai;
Kanchanaburi-Nam Tok, in treno o trasporto privato, per la Ferrovia della Morte e l’Hellfire Pass;
Puoi prenotare i biglietti in anticipo qui.
Bus Bangkok - Kanchanaburi $ 6.95 3h 30m | |
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Van Bangkok - Kanchanaburi $ 4.17–8.90 3h – 3h 30m | |
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Taxi Bangkok - Kanchanaburi $ 113.15–131.50 2h 40m | |
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Taxi Don Mueang Airport - Kanchanaburi $ 61.13–167.89 2h 30m – 2h 55m | |
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ASSICURAZIONE DI VIAGGIO:
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