E’ iniziato il nostro viaggio e, come detto, Bangkok segna il punto di partenza.
Dopo aver lasciato la neve di Helsinki e aver fatto buon volo con la compagnia di bandiera Finnair, atterriamo al Suvarnabhumi Airport di Bangkok. Timbriamo i passaporti, recuperiamo gli zaini, e ci dirigiamo verso la stazione. I biglietti di treno e metropolitana costano 30baht (meno di 1€), i servizi sono funzionali e puliti. Scendiamo a Hua Lamphong, la stazione centrale di Bangkok, dove iniziamo subito a familiarizzare con l’ambiente che ci circonda: alcuni monaci si riposano in un’area ad essi riservata, la gente dorme scalza sulle panchine, i turisti si guardano intorno disorientati. Neanche tempo di affacciarci sulle vie esterne alla stazione che veniamo assaliti da autisti di tuk-tuk che ci offronno un passaggio: diventerà un’abitudine, ma un semplice “no grazie” e un sorriso sono sufficienti a farli desistere. La vicina guesthouse è gestita da un simpatico ragazzo molto gentile e disponibile a consigliarci sul da fare, e il suo nipotino ci accompagna in stanza. Qui in Thailandia notiamo facilmente che ogni bambino, per quanto piccolo, sia educato ed iniziato all’attività commerciale di famiglia molto presto. Più tardi visitiamo Chinatown, o meglio, ci perdiamo nei suoi meandri: decine e decine di vicoli, bancarelle, venditori, motorini e tuk-tuk, a regnare è il caos. Attraversare le strade è una vera e propria sfida, rischiamo più volte di essere investiti! La nostra prima cena thailandese consiste in un delizioso pad-thai in un classico ristorantino da strada, buonissimo!
L’indomani è dedicato ai luoghi più celebri della città.
Dal vicino porto Sri Phraya prendiamo il river taxi, molto comodo ed economico (13baht=0.30cent!), e scendiamo di fronte a Wat Arun, ma purtroppo le impalcature coprono gran parte della struttura. In un tempio vicino, abbiamo il piacere di essere benedetti da un monaco buddista che lega al nostro polso (destro per gli uomini e sinistro per le donne) un braccialetto bianco in cotone intrecciato accompagnato da preghiere: abbiamo scoperto dopo essere il Sai Sin o sacro filo, usato in alcune cerimonie come porta fortuna. Poi ritorniamo sulla sponda opposta del fiume Chao Praya e andiamo a visitare il Palazzo Reale: luci e colori a non finire, come purtroppo anche la folla di turisti che ne limitano la bellezza. Un paio di involtini primavera al volo, un riposino in un parco tranquillo (anche se la presenza di varani turba un po’ Ambra) e ci spostiamo al Wat Pho, dove giace lo spettacolare budda dorato coricato, lungo più di 40 metri. Prima di tornare in stanza, decidiamo di vedere ancora Khao San Road, tipica via occidentalizzata frequentata quasi esclusivamente da turisti, locali notturni e negozi di tatuaggi, che immediatamente ci ricorda le scene di Una notte da leoni 2. Col calare della notte, i river taxi non effettuano più servizio, così, dopo aver vagato un po’ alla ricerca di una linea della metro inesistente in zona, un bus ci riaccompagna a Chinatown. E subito ci sentiamo a casa.
E’ già ora di richiudere le valigie, domani ci attende un altro viaggio verso il confine cambogiano e la città di Siem Reap.
Sawadee ka!